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IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE
(27 gennaio 2006)
PREAMBOLO
Approvato dal Consiglio Nazionale Forense
L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà,
autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della
persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo
all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla
conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e
dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla libertà
e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la
regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di
questi valori.
I - PRINCIPI GENERALI
ART. 1. - Ambito di applicazione. – Le norme deontologiche si applicano
a tutti gli avvocati e praticanti nella loro attività, nei loro
reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
ART. 2. - Potestà disciplinare. – Spetta agli organi
disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e
proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono
tener conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle
specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a
determinare l’infrazione.
ART. 3. - Volontarietà dell’azione. – La
responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e
dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo
dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento
la sanzione deve essere unica.
ART. 4. - Attività all’estero e attività in Italia dello
straniero. – Nell’esercizio di attività professionali
all’estero, che siano consentite dalle disposizioni in vigore,
l’avvocato italiano è tenuto al rispetto delle norme
deontologiche del paese in cui viene svolta l’attività.
Del pari l’avvocato straniero, nell’esercizio
dell’attività professionale in Italia, quando questa sia
consentita, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche italiane.
ART. 5. - Doveri di probità, dignità e decoro. –
L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei
doveri di probità, dignità e decoro.
I. Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui
sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge
penale, salva ogni autonoma valutazione sul fatto commesso.
II. L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti
anche non riguardanti l’attività forense quando si riflettano
sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine della
classe forense.
III. L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento penale
non può assumere o mantenere la difesa di altra parte nello stesso
procedimento.
ART. 6. - Doveri di lealtà e correttezza. – L’avvocato
deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e
correttezza.
I. L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in
giudizio con mala fede o colpa grave.
ART. 7. - Dovere di fedeltà. – È dovere
dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività
professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato
che compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio
assistito.
II. L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel
rispetto dei doveri che la sua funzione gli impone verso la
collettività per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nei
confronti dello Stato e di ogni altro potere.
ART. 8. - Dovere di diligenza. – L’avvocato deve adempiere i
propri doveri professionali con diligenza.
ART. 9. - Dovere di segretezza e riservatezza. – È dovere,
oltreché diritto, primario e fondamentale dell’avvocato
mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le
informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia
venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
I. L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche
nei confronti degli ex clienti, sia per l’attività giudiziale
che per l’attività stragiudiziale.
II. La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si
rivolga all’avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia
accettato.
III. L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto
professionale anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone
che cooperano nello svolgimento dell’attività professionale.
IV. Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la
divulgazione di alcune informazioni relative alla parte assistita sia
necessaria:
a. per lo svolgimento delle attività di difesa;
b. al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un
reato di particolare gravità;
c. al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato
e assistito;
d. in un procedimento concernente le modalità della difesa degli
interessi dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto
strettamente necessario per il fine tutelato.
ART. 10. - Dovere di indipendenza. – Nell’esercizio
dell’attività professionale l’avvocato ha il dovere di
conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da
pressioni o condizionamenti esterni.
I. L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria
sfera personale.
II. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato
che stipuli con soggetti che esercitano il recupero crediti per conto terzi
patti attinenti a detta attività.
ART. 11. - Dovere di difesa. – L’avvocato deve prestare la
propria attività difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi
giudiziari in base alle leggi vigenti.
I. L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando
ciò sia possibile, comunicare all’assistito che ha
facoltà di scegliersi un difensore di fiducia, e deve informarlo, ove
intenda richiedere un compenso, che anche il difensore d’ufficio deve
essere retribuito a norma di legge.
II. Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare
attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di
un compenso per la prestazione di tale attività.
ART. 12. - Dovere di competenza. – L’avvocato non deve accettare
incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza.
I. L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanze
impeditive alla prestazione dell’attività richiesta, valutando,
per il caso di controversie di particolare impegno e complessità,
l’opportunità della integrazione della difesa con altro collega.
II. L’accettazione di un determinato incarico professionale fa
presumere la competenza a svolgere quell’incarico.
ART. 13. - Dovere di aggiornamento professionale. – E’ dovere
dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale,
conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai
settori nei quali svolga l’attività.
I. L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio
individuale e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e
forense.
II. E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i
regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’ordine
di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi.
ART. 14. - Dovere di verità. – Le dichiarazioni in giudizio
relative alla esistenza o inesistenza di fatti obiettivi, che siano
presupposto specifico per un provvedimento del magistrato, e di cui
l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere vere e comunque tali
da non indurre il giudice in errore.
I. L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo
prove false. In particolare, il difensore non può assumere a verbale
né introdurre dichiarazioni di persone informate sui fatti che sappia
essere false.
II. L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già
ottenuti o il rigetto dei provvedimento richiesti, nella presentazione di
istanze o richieste sul presupposto della medesima situazione di fatto.
ART. 15. - Dovere di adempimento previdenziale e fiscale. –
L’avvocato deve provvedere regolarmente e tempestivamente agli
adempimenti dovuti agli organi forensi nonché agli adempimenti
previdenziali e fiscali a suo carico, secondo le norme vigenti.
ART. 16. - Dovere di evitare incompatibilità. E’ dovere
dell’avvocato evitare situazioni di incompatibilità ostative
alla permanenza nell’albo, e, comunque nel dubbio, richiedere il parere
del proprio Consiglio dell’ordine.
I. L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di
mediazione.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’avere richiesto
l’iscrizione all’albo in pendenza di cause di
incompatibilità, non dichiarate, ancorché queste siano venute
meno.
ART. 17. - Informazioni sull’attività professionale. –
L’avvocato può dare informazioni sulla propria attività
professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la
finalità della tutela dell’affidamento della
collettività.
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a
verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate
o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non può rivelare
al pubblico il nome dei propri clienti, ancorché questi vi
consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve
rispettare la dignità e il decoro della professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della
pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa.
I. Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la
sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione professionale
e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di
avvocati o di società o di associazioni di avvocati, previa
approvazione del Consiglio dell’ordine del luogo di svolgimento
dell’evento.
II. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le
proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di
lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al
pubblico.
III. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza
esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a
una persona determinata per un specifico affare.
IV. E’ consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto,
che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo
tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal
senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi.
ART. 17 bis - Mezzi di informazione consentiti - L’avvocato può
dare informazioni sulla propria attività professionale utilizzando
esclusivamente i seguenti mezzi:
1) la carta da lettera, i biglietti da visita e le brochures informative,
previa, per queste ultime, approvazione del Consiglio dell’ordine dove
lo studio ha la sede principale.
In essi devono essere indicati:
•) la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei
professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione
sia svolto in forma associata o societaria;
•) il Consiglio dell’ordine presso il quale è iscritto
ciascuno dei componenti lo studio;
•) la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i
recapiti, con l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax,
e-mail e del sito web, se attivato.
Possono essere indicati soltanto:
•) i titoli accademici;
•) i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti
universitari;
•) l’abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni
superiori;
•) il titolo professionale che consente all’avvocato straniero
l’esercizio in Italia, o che consenta all’avvocato italiano
l’esercizio all’estero, della professione di avvocato in
conformità delle direttive comunitarie;
•) i settori di esercizio dell’attività professionale
(civile, penale, amministrativo, tributario) e, nell’ambito di questi,
eventuali materie di attività prevalente, con il limite di non
più di tre materie;
•) le lingue conosciute;
•) il logo dello studio;
•) gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità
professionale;
•) l’eventuale certificazione di qualità dello studio
(l’avvocato che intenda fare menzione di una certificazione di
qualità deve depositare presso il Consiglio dell’Ordine il
giustificativo della certificazione in corso di validità e
l’indicazione completa del certificatore e del campo di applicazione
della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato).
2) le targhe, di dimensioni ragionevoli, poste all’ingresso
dell’immobile ove è ubicato lo studio dell’avvocato e
presso la porta di accesso allo studio, con la sola indicazione della
presenza dello studio legale, dei professionisti che lo compongono e della
sua collocazione all’interno dello stabile;
3) gli annuari professionali, le rubriche telefoniche, le riviste e le
pubblicazioni in materie giuridiche;
4) i siti web con domini propri e direttamente riconducibili
all’avvocato, allo studio legale associato, alla società di
avvocati sui quali gli stessi operano una completa gestione dei contenuti e
previa comunicazione al Consiglio dell’ordine di appartenenza. Nel sito
deve essere riportata l’indicazione del responsabile nonché i
dati previsti dall’art. 17 e dal punto 1) dell’art. 17 bis.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e pubblicitari
mediante l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo.
Possono essere indicati i dati consentiti per i mezzi previsti al precedente
paragrafo 1).
ART. 18. - Rapporti con la stampa. – Nei rapporti con la stampa e con
gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di
equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di
discrezione e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo
interesse dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di
stampa notizie che non siano coperte dal segreto di indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri
mezzi di diffusione, è fatto divieto all’avvocato di enfatizzare
la propria capacità professionale, di spendere il nome dei propri
clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di
informazione sia su altri mezzi di diffusione; è fatto divieto
altresì di convocare conferenze stampa fatte salve le esigenze di
difesa del cliente.
III. E’ consentito all’avvocato, previo parere favorevole del
Consiglio dell’ordine di appartenenza, di tenere o curare rubriche
fisse su organi di stampa con l’indicazione del proprio nome e di
partecipare a rubriche fisse televisive o radiofoniche.
ART. 19. - Divieto di accaparramento di clientela. – È vietata
l’offerta di prestazioni professionali a terzi e in genere ogni attività
diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a mezzo di agenzie o
procacciatori o altri mezzi illeciti.
I. L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro
soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo
per la presentazione di un cliente.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o di
prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per
ottenere difese o incarichi.
ART. 20. - Divieto di uso di espressioni sconvenienti od offensive. –
Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato deve
evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in
giudizio e nell’attività professionale in genere, sia nei
confronti dei colleghi che nei confronti dei magistrati, delle controparti e
dei terzi.
I. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non
escludono l’infrazione della regola deontologica
ART. 21. - Divieto di attività professionale senza titolo o di uso di
titoli inesistenti. – L’iscrizione all’albo costituisce
presupposto per l’esercizio dell’attività giudiziale e
stragiudiziale di assistenza e consulenza in materia legale e per
l’utilizzo del relativo titolo.
I. Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale
non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo
o in periodo di sospensione.
II. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento
dell’avvocato che agevoli, o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto,
renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l’esercizio abusivo
dell’attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne
possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di
eventuale sospensione dall’esercizio.
III. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di
professore solo se sia docente universitario di materie giuridiche. In ogni
caso dovrà specificare la qualifica, la materia di insegnamento e la
facoltà.
IV. L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare
esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”,
con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio”
qualora abbia conseguito tale abilitazione.
II - RAPPORTI CON I COLLEGHI
ART. 22. - Rapporto di colleganza. – L’avvocato deve mantenere
sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e
lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a
rispondere con sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un
collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve
dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso
possa pregiudicare il diritto da tutelare.
III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica
con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è
consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
ART. 23. - Rapporto di colleganza e dovere di difesa nel processo. –
Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria
condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando in quanto
possibile il rapporto di colleganza.
I. L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle
udienze e in ogni altra occasione di incontro con i colleghi.
II. L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o
ingiustificata, formulata nel processo dalle controparti che comporti
pregiudizio per la parte assistita.
III. Il difensore, che riceva l’incarico di fiducia
dall’imputato, è tenuto a comunicare tempestivamente con mezzi
idonei al collega, già nominato d’ufficio, il mandato ricevuto
e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve raccomandare alla parte
di provvedere al pagamento di quanto è dovuto al difensore
d’ufficio per l’attività professionale eventualmente già
svolta.
IV. Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare
con i difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e
documenti, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della
legge.
V. Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il
co-difensore in ordine ad ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto
dei colloqui con il comune assistito, al fine della effettiva condivisione
della strategia processuale.
VI. L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva
di dare inizio ad azioni giudiziarie, deve essere comunicata al collega
avversario.
ART. 24. - Rapporti con il Consiglio dell’Ordine. –
L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio
dell’Ordine di appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per
l’attuazione delle finalità istituzionali osservando
scrupolosamente il dovere di verità. A tal fine ogni iscritto è
tenuto a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense
o alla amministrazione della giustizia, che richiedano iniziative o
interventi collegiali.
I. Nell'ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta
dell'iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di
osservazioni e difese non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur
potendo tali comportamenti essere valutati dall'organo giudicante nella
formazione del proprio libero convincimento.
II. Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto
chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato da
una parte o da un collega tendente ad ottenere notizie o adempimenti
nell’interesse dello stesso reclamante, la mancata sollecita risposta
dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
III. L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine
deve adempiere l’incarico con diligenza, imparzialità e
nell’interesse generale.
IV. L’avvocato ha il dovere di comunicare senza ritardo al Consiglio
dell’Ordine di appartenenza ed eventualmente a quello competente per
territorio, la costituzione di associazioni o società professionali e
i successivi eventi modificativi, nonché l’apertura di studi
principali, secondari e anche recapiti professionali.
ART. 25. - Rapporti con i collaboratori dello studio. –
L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare la
preparazione professionale, compensandone la collaborazione in proporzione
all’apporto ricevuto.
ART. 26. - Rapporti con i praticanti. – L’avvocato è
tenuto verso i praticanti ad assicurare la effettività ed a favorire
la proficuità della pratica forense al fine di consentire
un’adeguata formazione.
I. L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di
lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso
proporzionato all’apporto professionale ricevuto.
II. L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni
contenute nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e
senza indulgere a motivi di favore o di amicizia.
III. È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico
ai praticanti di svolgere attività difensiva non consentita.
ART. 27. - Obbligo di corrispondere con il collega. – L’avvocato
non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sia
assistita da altro legale.
I. Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o
intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza
può essere indirizzata direttamente alla controparte, sempre peraltro
inviandone copia per conoscenza al legale avversario.
II. Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato
che accetti di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita
da un collega, senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
ART. 28. - Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega.
– Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere
qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte
transattive scambiate con i colleghi.
I. E’ producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando sia
stato perfezionato un accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca
attuazione.
II. E’ producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri
l’adempimento delle prestazioni richieste.
III. L’avvocato non deve consegnare all’assistito la
corrispondenza riservata tra colleghi, ma può, qualora venga meno il
mandato professionale, consegnarla al professionista che gli succede, il
quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri di riservatezza.
ART. 29. - Notizie riguardanti il collega – L’esibizione in
giudizio di documenti relativi alla posizione personale del collega
avversario e l’utilizzazione di notizie relative alla sua persona sono
vietate, salvo che egli sia parte di un giudizio e che l’uso di tali
notizie sia necessario alla tutela di un diritto.
I. L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti
denigratori sull’attività professionale di un collega.
ART. 30. - Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega.
– L’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di
esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a
retribuirlo, ove non adempia la parte assistita, tranne che dimostri di
essersi inutilmente attivato, anche postergando il proprio credito, per
ottenere l’adempimento.
ART. 31. - Obbligo di dare istruzioni al collega e obbligo di informativa.
– L’avvocato è tenuto a dare tempestive istruzioni al
collega corrispondente. Quest’ultimo, del pari, è tenuto a dare
tempestivamente al collega informazioni dettagliate sull’attività
svolta e da svolgere.
I. L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere
preventivamente comunicata e consentita.
II. È fatto divieto all’avvocato corrispondente di definire
direttamente una controversia, in via transattiva, senza informare il collega
che gli ha affidato l’incarico.
III. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve
adoperarsi nel modo più opportuno per la tutela degli interessi della
parte, informando non appena possibile il collega che gli ha affidato
l’incarico.
ART. 32. - Divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il
collega. – L’avvocato che abbia raggiunto con il patrono
avversario un accordo transattivo accettato dalle parti deve astenersi dal
proporre impugnativa giudiziale della transazione intervenuta, salvo che
l’impugnazione sia giustificata da fatti particolari non conosciuti o
sopravvenuti.
ART. 33. - Sostituzione del collega nell’attività di difesa.
– Nel caso di sostituzione di un collega nel corso di un giudizio, per
revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere
nota la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio
per l’attività difensiva, perché siano soddisfatte le
legittime richieste per le prestazioni svolte.
I. L’avvocato sostituito deve adoperarsi affinché la successione
nel mandato avvenga senza danni per l’assistito, fornendo al nuovo
difensore tutti gli elementi per facilitargli la prosecuzione della difesa.
ART. 34. - Responsabilità dei collaboratori, sostituti e associati.
– Salvo che il fatto integri un’autonoma responsabilità, i
collaboratori, sostituti e ausiliari non sono disciplinarmente responsabili
per il compimento di atti per incarichi specifici ricevuti.
I. Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente
responsabile soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si riferiscano i
fatti specifici commessi.
III - RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA
ART. 35. - Rapporto di fiducia. – Il rapporto con la parte assistita
è fondato sulla fiducia.
I. L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da altro
avvocato che la difenda. Qualora sia conferito da un terzo, che intenda
tutelare l’interesse della parte assistita ovvero anche un proprio
interesse, l’incarico può essere accettato soltanto con il
consenso della parte assistita.
II. L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo
stabilire con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o
commerciale che in qualunque modo possano influire sul rapporto
professionale.
ART. 36. - Autonomia del rapporto. – L’avvocato ha
l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior
modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e
dei principi deontologici.
I. L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente
gravose, né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti,
fraudolenti o colpiti da nullità.
II. L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare
l’identità del cliente e dell’eventuale suo
rappresentante.
III. In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche per quanto
attiene al segreto, l’avvocato deve rifiutare di ricevere o gestire
fondi che non siano riferibili a un cliente esattamente individuato.
IV. L’avvocato deve rifiutare di prestare la propria attività
quando dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che essa sia
finalizzata alla realizzazione di una operazione illecita.
ART. 37. - Conflitto di interessi. – L’avvocato ha
l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale
quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio
assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non
professionale.
I. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento
di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni
fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una
parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo
svolgimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza
dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico.
II. L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi
interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una
stessa società di avvocati o associazione professionale o che
esercitino negli stessi locali.
ART. 38. - Inadempimento al mandato. – Costituisce violazione dei
doveri professionali, il mancato, ritardato o negligente compimento di atti
inerenti al mandato quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza
degli interessi della parte assistita.
I. Il difensore d’ufficio deve assolvere l’incarico con diligenza
e sollecitudine; ove sia impedito di partecipare a singole attività
processuali deve darne tempestiva e motivata comunicazione
all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega,
il quale, ove accetti, è responsabile dell’adempimento
dell’incarico.
ART. 39. - Astensione dalle udienze. – L’avvocato ha diritto di
partecipare alla astensione dalle udienze proclamata dagli organi forensi in
conformità con le disposizioni del codice di autoregolamentazione e
delle norme in vigore.
I. L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla
astensione deve informare preventivamente gli altri difensori costituiti.
II. Non è consentito aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione
a seconda delle proprie contingenti convenienze. L’avvocato che
aderisca all’astensione non può dissociarsene con riferimento a
singole giornate o a proprie specifiche attività, così come
l’avvocato che se ne dissoci non può aderirvi parzialmente, in
certi giorni o per particolari proprie attività professionali.
ART. 40. - Obbligo di informazione. – L’avvocato è tenuto
ad informare chiaramente il proprio assistito all’atto
dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della
controversia o delle attività da espletare, precisando le iniziative e
le ipotesi di soluzione possibili. L’avvocato è tenuto
altresì ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del
mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogni qualvolta
l’assistito ne faccia richiesta.
I. Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte
assistita sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi
presumibili del processo.
II. E’ obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la
necessità del compimento di determinanti atti al fine di evitare
prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli
incarichi in corso di trattazione.
III. Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il
contenuto di quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile
all’interesse di questi.
ART. 41. - Gestione di denaro altrui. – L’avvocato deve
comportarsi con puntualità e diligenza nella gestione del denaro
ricevuto dal proprio assistito o da terzi per determinati affari ovvero ricevuto
per conto della parte assistita, ed ha l’obbligo di renderne
sollecitamente conto.
I. Costituisce infrazione disciplinare trattenere oltre il tempo strettamente
necessario le somme ricevute per conto della parte assistita.
II. In caso di deposito fiduciario l’avvocato è obbligato a
richiedere istruzioni scritte e ad attenervisi.
ART. 42. - Restituzione di documenti. – L’avvocato è in
ogni caso obbligato a restituire senza ritardo alla parte assistita la
documentazione dalla stessa ricevuta per l’espletamento del mandato
quando questa ne faccia richiesta.
I. L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza
il consenso della parte assistita, solo quando ciò sia necessario ai
fini della liquidazione del compenso e non oltre l’avvenuto pagamento.
ART. 43. - Richiesta di pagamento. – Durante lo svolgimento del
rapporto professionale l’avvocato può chiedere la corresponsione
di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili e di
acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità e
complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento
dell’incarico.
I. L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e
degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del
cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e delle spese sostenute
per le prestazioni eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
II. L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente
sproporzionati all’attività svolta.
III. L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di
quello già indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che
ne abbia fatto espressa riserva.
IV. L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri
diritti o all’adempimento di prestazioni professionali il versamento
alla parte assistita delle somme riscosse per conto di questa.
V. E’ consentito all’avvocato concordare onorari forfettari per
le prestazioni continuative solo in caso di consulenza e assistenza
stragiudiziale, purché siano proporzionali al prevedibile impegno.
ART. 44. - Compensazione. – L’avvocato ha diritto di trattenere
le somme che gli siano pervenute dalla parte assistita o da terzi a rimborso
delle spese sostenute, dandone avviso al cliente; può anche trattenere
le somme ricevute, a titolo di pagamento dei propri onorari, quando vi sia il
consenso della parte assistita ovvero quando si tratti di somme liquidate in
sentenza a carico della controparte a titolo di diritti e onorari ed egli non
le abbia ancora ricevute dalla parte assistita, ovvero quando abbia
già formulato una richiesta di pagamento espressamente accettata dalla
parte assistita.
I. In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere
immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per
conto di questa.
ART. 45. - Divieto di patto di quota lite. – È vietata la
pattuizione diretta ad ottenere, a titolo di corrispettivo della prestazione
professionale, una percentuale del bene controverso ovvero una percentuale
rapportata al valore della lite.
I. È consentita la pattuizione scritta di un supplemento di compenso,
in aggiunta a quello previsto, in caso di esito favorevole della lite,
purché sia contenuto in limiti ragionevoli e sia giustificato dal
risultato conseguito.
ART. 46. - Azioni contro la parte assistita per il pagamento del compenso.
– L’avvocato può agire giudizialmente nei confronti della
parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali,
previa rinuncia al mandato.
ART. 47. - Rinuncia al mandato. – L’avvocato ha diritto di
rinunciare al mandato.
I. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte
assistita un preavviso adeguato alle circostanze, e deve informarla di quanto
è necessario fare per non pregiudicare la difesa.
II. Qualora la parte assistita non provveda in tempi ragionevoli alla nomina
di un altro difensore, nel rispetto degli obblighi di legge l’avvocato
non è responsabile per la mancata successiva assistenza, pur essendo
tenuto ad informare la parte delle comunicazioni che dovessero pervenirgli.
III. In caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la
rinuncia al mandato con lettera raccomandata alla parte assistita
all’indirizzo anagrafico e all’ultimo domicilio conosciuto. Con
l’adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di
legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra attività,
indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia effettivamente
ricevuto tale comunicazione.
IV - RAPPORTO CON LA CONTROPARTE, I MAGISTRATI E I TERZI
ART. 48. - Minaccia di azioni alla controparte. – L’intimazione
fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad ottenere particolari
adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari, denunce o
altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la
controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da
intraprendere; è deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione
quando siano minacciate azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie.
I. Qualora ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio
studio, prima di iniziare un giudizio, l’avvocato deve precisarle che
può essere accompagnata da un legale di fiducia.
II. L’addebito alla controparte di competenze e spese per
l’attività prestata in sede stragiudiziale è ammesso,
purché la richiesta di pagamento sia fatta a favore del proprio
assistito.
ART. 49. - Pluralità di azioni nei confronti della controparte.
– L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative
giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non
corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.
ART. 50. - Richiesta di compenso professionale alla controparte. –
È vietato richiedere alla controparte il pagamento del proprio
compenso professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica
pattuizione, con l’accordo del proprio assistito, e in ogni altro caso
previsto dalla legge.
I. In particolare è consentito all’avvocato chiedere alla
controparte il pagamento del proprio compenso professionale nel caso di
avvenuta transazione giudiziale e di inadempimento del proprio cliente.
ART. 51. - Assunzione di incarichi contro ex clienti. –
L’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è
ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto
professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello
espletato in precedenza. In ogni caso è fatto divieto
all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto
professionale già esaurito.
I. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in
controversie familiari deve astenersi dal prestare, in favore di uno di essi,
la propria assistenza in controversie successive tra i medesimi.
ART. 52. - Rapporti con i testimoni. – L’avvocato deve evitare di
intrattenersi con i testimoni sulle circostanze oggetto dei procedimento con
forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti.
I. Resta ferma la facoltà di investigazione difensiva nei modi e
termini previsti dal codice di procedura penale, e nel rispetto delle
disposizioni che seguono.
1. Il difensore di fiducia e il difensore d’ufficio sono tenuti
ugualmente al rispetto delle disposizioni previste nello svolgimento delle
investigazioni difensive.
2. In particolare il difensore ha il dovere di valutare la necessità o
l’opportunità di svolgere investigazioni difensive in relazione
alle esigenze e agli obiettivi della difesa in favore del proprio assistito.
3. La scelta sull’oggetto, sui modi e sulle forme delle investigazioni
nonché sulla utilizzazione dei risultati compete al difensore.
4. Quando si avvale di sostituti, collaboratori di studio, investigatori
privati autorizzati e consulenti tecnici, il difensore può fornire
agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per
l’espletamento dell’incarico, anche nella ipotesi di intervenuta
segretazione degli atti, raccomandando il vincolo del segreto e
l’obbligo di comunicare i risultati esclusivamente al difensore.
5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto professionale sugli atti
delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne
faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa
nell’interesse del proprio assistito.
6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare
scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni
difensive per tutto il tempo ritenuto necessario o utile per
l’esercizio della difesa.
7. È fatto divieto al difensore e ai vari soggetti interessati di
corrispondere compensi o indennità sotto qualsiasi forma alle persone
interpellate ai fini delle investigazioni difensive, salva la facoltà
di provvedere al rimborso delle spese documentate.
8. Il difensore deve informare le persone interpellate ai fini delle
investigazioni della propria qualità, senza obbligo di rivelare il
nome dell’assistito.
9. Il difensore deve inoltre informare le persone interpellate che, se si
avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate
ad una audizione davanti al pubblico ministero ovvero a rendere un esame
testimoniale davanti al giudice, ove saranno tenute a rispondere anche alle
domande del difensore.
10. Il difensore deve altresì informare le persone sottoposte a
indagine o imputate nello stesso procedimento o in altro procedimento
connesso o collegato che, se si avvarranno della facoltà di non
rispondere, potranno essere chiamate a rendere esame davanti al giudice in
incidente probatorio.
11. Il difensore, quando intende compiere un accesso in un luogo privato,
deve richiedere il consenso di chi ne abbia la disponibilità,
informandolo della propria qualità e della natura dell’atto da
compiere, nonché della possibilità che, ove non sia prestato il
consenso, l’atto sia autorizzato dal giudice.
12. Per conferire, chiedere dichiarazioni scritte o assumere informazioni
dalla persona offesa dal reato il difensore procede con invito scritto,
previo avviso al legale della stessa persona offesa, ove ne sia conosciuta
l’esistenza. Se non risulta assistita, nell’invito è
indicata l’opportunità che comunque un legale sia consultato e
intervenga all’atto. Nel caso di persona minore, l’invito
è comunicato anche a chi esercita la potestà dei genitori, con
facoltà di intervenire all’atto.
13. Il difensore, anche quando non redige un verbale, deve documentare lo
stato dei luoghi e delle cose, procurando che nulla sia mutato, alterato o
disperso.
14. Il difensore ha il dovere di rispettare tutte le disposizioni fissate
dalla legge e deve comunque porre in essere le cautele idonee ad assicurare
la genuinità delle dichiarazioni.
15. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte.
Quando è disposta la riproduzione anche fonografica le informazioni
possono essere documentate in forma riassuntiva.
16. Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla
persona che ha reso informazioni né al suo difensore.
ART. 53. - Rapporti con i magistrati. – I rapporti con i magistrati
devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si
convengono alle reciproche funzioni.
I. Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del
giudizio civile in corso con il giudice incaricato del processo senza la
presenza del legale avversario.
II. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve
rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla
incompatibilità.
III. L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di
amicizia, di familiarità o di confidenza con i magistrati per ottenere
favori e preferenze. In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di
tali rapporti nell’esercizio del suo ministero, nei confronti o alla
presenza di terze persone.
ART. 54. - Rapporti con arbitri e consulenti tecnici. –
L’avvocato deve ispirare il proprio rapporto con arbitri e consulenti
tecnici a correttezza e lealtà, nel rispetto delle reciproche
funzioni.
ART. 55. - Arbitrato. – L’avvocato chiamato a svolgere la
funzione di arbitro è tenuto ad improntare il proprio comportamento a
probità e correttezza e a vigilare che il procedimento si svolga con
imparzialità e indipendenza.
I. L’avvocato non può assumere la funzioni di arbitro quando abbia
in corso rapporti professionali con una delle parti.
II. L’avvocato non può accettare la nomina ad arbitro se una
delle parti del procedimento sia assistita da altro professionista di lui
socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali.
In ogni caso l’avvocato deve comunicare alle parti ogni circostanza di
fatto e ogni rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua
indipendenza, al fine di ottenere il consenso delle parti stesse
all’espletamento dell’incarico.
III. L’avvocato che sia stato richiesto di svolgere la funzione di
arbitro deve dichiarare per iscritto, nell’accettare l’incarico,
l’inesistenza di ragioni ostative all’assunzione della veste di
arbitro o comunque di relazioni di tipo professionale, commerciale, economico,
familiare o personale con una delle parti. Diversamente, deve specificare
dette ragioni ostative, la natura e il tipo di tali relazioni e può
accettare l’incarico solo se le parti non si oppongano entro dieci
giorni dal ricevimento della comunicazione.
IV. L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel corso
del procedimento in modo da preservare la fiducia in lui riposta dalle parti
e deve rimanere immune da influenze e condizionamenti esterni di qualunque
tipo. Egli inoltre:
- ha il dovere di mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a
conoscenza in ragione del procedimento arbitrale;
- non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento;
- non deve rendere nota la decisione prima che questa sia formalmente
comunicata a tutte le parti.
ART. 56. - Rapporti con i terzi. – L’avvocato ha il dovere di
rivolgersi con correttezza e con rispetto nei confronti del personale
ausiliario di giustizia, del proprio personale dipendente e di tutte le
persone in genere con cui venga in contatto nell’esercizio della
professione.
I. Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato
ha il dovere di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non
compromettere la fiducia che i terzi debbono avere nella sua capacità di
adempiere i doveri professionali e nella dignità della professione.
ART. 57. - Elezioni forensi. – L’avvocato che partecipi, quale
candidato o quale sostenitore di candidati, ad elezioni ad organi
rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi con correttezza,
evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla dignità
delle funzioni.
I. E’ vietata ogni forma di propaganda elettorale o di iniziativa nella
sede di svolgimento delle elezioni e durante le operazioni di voto.
II. Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la
sola affissione delle liste elettorali e di manifesti contenenti le regole di
svolgimento delle operazioni di voto.
ART. 58. - La testimonianza dell’avvocato. – Per quanto
possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone su
circostanze apprese nell’esercizio della propria attività
professionale e inerenti al mandato ricevuto.
I. L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria
parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
II. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà
rinunciare al mandato e non potrà riassumerlo.
ART. 59. - Obbligo di provvedere all’adempimento delle obbligazioni
assunte nei confronti dei terzi. – L’avvocato è tenuto a
provvedere regolarmente all’adempimento delle obbligazioni assunte nei
confronti dei terzi.
I. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della
professione assume carattere di illecito disciplinare, quando, per
modalità o gravità, sia tale da compromettere la fiducia dei
terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri
professionali.
V - DISPOSIZIONE FINALE
ART. 60. - Norma di chiusura. – Le disposizioni specifiche di questo
codice costituiscono esemplificazioni dei comportamenti più ricorrenti
e non limitano l’ambito di applicazione dei principi generali espressi.
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